Ti complicherà la vita

INFINITE WALLACE

I

Sto scrivendo, proprio in questi giorni, un articolo su Infinte Jest che dovrebbe essere pronto per gennaio.

Riflessioni su un libro che non diventerà mai un film

La domanda a cui vorrei rispondere è: perché è impossibile (se lo è) trarre un film da Infinite Jest? E, per ora, il titolo provvisorio è 

Infinite Wallace. Piccole riflessioni su un libro che non diventerà mai un film

Esattamente un anno fa, durante le vacanze di Natale, l’amico M. (grazie-per-sempre per avermi fatto diventare un howling fantods*) mi scrisse:

Sto leggendo La scopa del sistema di David Foster Wallace. Se non l’hai letto inizialo che ti aspetto, così ne discutiamo insieme.

E quello che è successo, per tutti i mesi successivi, è che abbiamo discusso un bel po’ leggendo a distanza, ma insieme, diversi scritti di Wallace (perlopiù saggi e racconti).

Ora siamo in attesa di Pale King, il romanzo postumo.

Ma ci vorranno degli anni prima di vederlo in libreria. Accidenti.

*Howling Fantods è un termine che significherebbe più o meno “spaventarsi a morte” e, pare, fosse utilizzato dalla madre di Wallace quando era piccolo. Con questo termine si auto-definiscono oggi i lettori e fans di Wallace, che si riuniscono intorno all’omonima community thehowlingfantods.com.

Qui l'autore

diego altobelli

Ossessionato dai dualismi anima e corpo, reale e virtuale, ragione e volontà, obladì obladà. Quando non è distratto dalla vita aggiorna questo blog. Ogni tanto scrive sceneggiature e racconti.

5 commenti

  • è molto difficile condensare un’opera vasta e abbastanza multidimensionale come IJ in un oggetto abbastanza lineare (per esempio, non puoi saltare avanti e indietro a piacimento, come fai quando leggi IJ) e di fruizione massima diciamo di due ore. è come far entrare i 4 elefanti nella famosa 500. Ma soprattutto perché il senso di questo libro non è in nessuno degli avvenimenti narrati, ma nella struttura che li organizza. E alcuni dei momenti più indimenticabili (la filmografia di J.O.I. per fare un esempio) andrebbero irrimediabilmente perduti. E inoltre, mi chiedo, perché farlo?

    Ciao. r

    • Ciao Roberto,

      sono pienamente d’accordo con te tant’è che nell’articolo ho cercato di formalizzare i motivi che, secondo me, rendevano impossibile l’operazione (anche se, pare, Gus Van Sant ci abbia pensato seriamente, ma la notizia non è certa al 100%).

      Pensa che, palando di “intrasportabilità”, ho utilizzato lo stesso esempio della grandiosa filmografia del Professor Incandenza (ben 11 pagine).

      Appena sarà pubblicato (ci vorrà febbraio-marzo) lo linko sul blog. Mi farebbe veramente piacere, se passassi di nuovo da queste parti, che lo leggessi e che mi dicessi che ne pensi.

      saluti wallaciani e grazie per il commento

  • Che Gus van Sant ci abbia pensato credo sia certo, come si legge nell’introduzione fatta dalla rivista Dazed & Confused alla sua conversazione con DFW http://www.badgerinternet.com/~bobkat/dazed.html (che trovi tradotta in italiano sul sito di Minimum Fax). In realtà sul forum wallace-| ci sono state parecchie ondate di gente che fantasticava su una trasposizione cinematografica di IJ (addirittura cercando di assegnare gli attori corrispondenti ai vari personaggi).
    Inoltre, secondo alcuni buoni conoscitori di Wallace, il film “The Royal Tenenbaums” di Wes Anderson del 2001 (in italiano era “I tenenbaum”) sarebbe pesantemente ispirato a IJ, vedi per esempio l’articolo di Matt Bucher “The Royal Tenenbaums and Infinite Jest” http://kottke.org/09/04/the-royal-tenenbaums-and-infinite-jest. Ora, se hai visto il film, che pure non è male ed è recitato benissimo, capirai quanto sia difficile creare un oggetto che non dico trasponga tutto il romanzo, ma almeno veicoli in qualche modo il suo spirito. Per esempio l’uso contemporaneo di ironia e tristezza.

    Vedi, e qui torniamo a quanto dicevo nel post precedente, bisogna capire per quale motivo (non commerciale) bisognerebbe fare una simile operazione. Ci sono casi in cui trasporre un romanzo in un film aggiunge qualche cosa. Prendi “2001, Odissea nello spazio” (e in generale quasi tutti i film di Kubrick). La dimensione visiva amplia quella puramente narrativa.

    Ma ci sono romanzi (pensa all’Ulisse o all’Uomo senza qualità) che sono basati su un’altra ipotesi di lavoro. Lo spazio narrativo esiste sulla pagina e difficilmente si traduce in immagini di intensità superiore. Inoltre lo scopo principale di IJ è quello di creare un universo autosufficiente a molte entrate, connesso in modo a volte sottile in una struttura piena di echi e di equilibri e di squilibri, in cui il lettore deve svolgere un ruolo attivo (per esempio leggersi le note, o ricordarsi dopo 200 pagine chi cavolo era Erdedy), entrando così in contatto in qualche modo con l’autore. Non vedo proprio come questo sarebbe possibile in un qualsiasi film (tranne che per togliersi la curiosità di vedere come è fatto Mario Incandenza).

    Forse si potrebbe arrivare alla conclusione di un commentatore del New Yorker http://www.newyorker.com/online/blogs/movies/2009/03/unadapted-liter.html#comments

    ” ‘Obviously, the only way “Infinite Jest” could really be made with any small semblance of verisimilitude to the original would be as a
    multi-part miniseries.’
    (…)
    The adaptation might require a level of video interactivity that is now only the province of video games and hasn’t yet become a part of filmmaking or movie viewing.”

    Ciao e buon lavoro! r

    • I tuoi commenti stanno ripercorrendo quanto ho scritto nell’articolo che, a questo punto, non vedo l’ora di sottoporti e che leggerai senza una-dico-una sorpresa (perché ormai lo sai che dovrai leggerlo vero?).

      A parte l’uomo senza qualità (a quello non avevo pensato dannazione) viaggiamo sulle stesse citazioni (compresa l’impossibilità di rappresentare Mario che a me, però, aveva fatto pensare, per opposizione, a Benjamin Malaussene che in tutta la saga omonima non viene mai descritto fisicamente. E Signor Malaussene, altro libro da cui difficilmente qualcuno potrà trarre un film ha un altro elemento in comune con IJ: un film impossibile da vedere (e qui le metafore si sprecano) che fa da “motore narrativo”.

      Per quanto riguarda Gus Van Sant avevo letto l’intervista su minimum fax ma non avevo approfondito con altre risorse, cosa che a questo punto farò immediatamente.

      Inutile soffermarmi sui Tenenbaums, avevo messo dentro anche quelli (citando lo stesso link pergiunta).

      Per il resto il mio scritto conservava solo un piccolo colpo di scena nella conclusione che però è parzialmente saltato con la conclusione del commentatore del new yorker da te citata (accidenti). Pensa che io avevo pensato a un games IJ (con parti monotematiche dedicate a Eschaton ovviamente) per la prima volta qualche mese fa quando ho visto il trailer del gioco sull’Inferno di Dante per playstation. Ma a quanto pare non era poi un’intuizione così originale. Sulla miniserie non sono completamente d’accordo in quanto supererebbe per intreccio narrativo anti-lineare anche Twin Peaks.

      saluti da qui

      ps. scusa per il ritardo nella pubblicazione del commento ma, stranamente, mi risultava nel backend come “da approvare” (credo dipenda dal numero di link) e, ovviamente, grazie ancora per le tue riflessioni così dettagliate e approfondite.

di diego altobelli
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